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VISITA ALL'AZIENDA AGRICOLA BACCIOTTI - 22 maggio 2005

[foto] - [scheda fornitore]

Domenica 22 Maggio un gruppetto di gasisti si è ritrovato a Sant’ Agata, noi che ci eravamo anche già stati a prendere la ricotta per la nostra "polpetta", siamo pure riusciti a sbagliare strada complice la segnaletica per Gabbiano solo da un lato. Ci hanno accolto la titolare Sandra Mongili (figlia di Bacciotti Giovanna) e il suo pastore maremmano Arturo sull’aia davanti a casa, nella zona del Mugello è l’unica produttrice che ha anche il caseificio, gli altri quattro allevatori di pecore riforniscono “il Forteto”, Sandra si chiede ironicamente come “il Forteto” possa garantire i propri livelli di produzione con solo quattro fornitori.
La sua azienda è un’attività a conduzione familiare al momento ci lavorano tre persone di famiglia, un dipendente e un extra a ore, hanno iniziato l’allevamento biologico per migliorare la qualità della produzione, il padre di Sandra di origini sarde emigrò nel dopoguerra con i fratelli per occuparsi di un gregge nei pressi di Panna (vicino alla omonima sorgente), poi acquistò con un fratello un azienda a Gatteo vicino a Vicchio, la madre di Sandra invece è di una famiglia di pastori di Villore, una volta sposati si sono divisi dallo zio ed i coniugi hanno gestito l’azienda in proprio, acquistando l’attuale podere alla fine del 1950. Sandra ci ha raccontato che privilegia la vendita a realtà piccole più vicine al consumatore: prevalentemente vende i suoi prodotti direttamente in azienda/casa, è socia del CAF, (Cooperativa Agricola di Firenzuola che riunisce piccoli produttori mugellani di carni allevate naturalmente con l’obiettivo di recuperare le antiche razze toscane come la gallina mugellana), che distribuisce alla Cooperativa di Legnaia, partecipa a fiere e mercatini occasionali nelle vicinanze dell’azienda, rifornisce il punto vendita NaturaSì di Viale Corsica, (questo me lo ha detto casualmente più tardi parlando dell’alimentazione dei nostri bambini, il suo terzo figlio Francesco ha un mese meno della mia piccola) e solo durante il periodo di maggiore resa dei prodotti mette in vendita piccole quantità nel Basso Mugello tramite il distributore della Mukki. Siamo stati accompagnati a vedere i terreni dell’azienda e praticamente di fronte alla casa si vedono le pecore che pascolano placidamente in terreni recintati. Il gregge è composto da circa 400 pecore, ognuna di loro ha un numero che la contraddistingue notiamo che ce ne sono alcune con il vello tinto di rosso o verde, scopriamo che il colore è semplice pastello a cera; il rosso serve per contraddistinguere le pecore che hanno appena partorito e non devono essere messe con il montone mentre il verde (ahimè) le bestie destinate alla macellazione (maschi o pecore con mammelle piccole o che hanno avuto la mastite dato che dal seno colpito non producono più latte). Possono riconoscere le pecore che hanno avuto qualche problema aborto, problemi di parto, sterilità, mastite, da una fascetta nera che applicano alla zampa e che come al servizio militare significa “rivedibile”.
Per seguire il normale ciclo di vita dell’animale e per esigenze produttive il pecorino viene prodotto da Natale a fine estate, la lattazione dura infatti 6-7 mesi, una pecora ci spiegava Sandra può anche essere forzata a produrre latte continuativamente ma l’animale più indebolito non avrà buone gravidanze, né agnelli forti e sani, né buona produzione di latte la primavera successiva. Per sopperire al periodo nel quale non c’è produzione di pecorino fresco e ricotta l’azienda ha iniziato dallo scorso anno a coltivare in maniera biologica alcuni ortaggi destinati alla vendita oltre che all’autoconsumo come avevano sempre fatto, i prodotti disponibili in buone quantità sono patate, cipolle, zucche, pomodori sarà disponibile anche un modesto quantitativo di fagioli. Dato che era la prima volta si sono accorti come in alcuni terreni le patate risultavano particolarmente grandi e gustose, in altri appezzamenti più argillosi le patate erano piccole e nodose non adatte alla vendita, quindi quest’anno in questi appezzamenti semineranno orzo e grano, non usano alcun prodotto chimico perché l’azienda è certificata bio, per annaffiare utilizzano l’acqua piovana e per concimare il letame aziendale, secondo Sandra “i concio” è il solo fertilizzante che rende bene, quando non basta lo prendono da un produttore vicino. L’azienda dispone di 70 ettari di pascolo con abbeveratoi forniti di acqua dell’acquedotto (è una disposizione di legge), invece per irrigare viene utilizzata l’acqua di un laghetto o pozzi. Per quanto riguarda il mangime in azienda sono coltivati orzo, favino, granoturco e triticale (ibrido fra frumento e segale), a pascolo erba medica e oglietto, qui da perfetti cittadini signesi, io e Giuseppe che prendevamo appunti ci siamo guardati con aria molto interrogativa, (mentre i miei due nonni che non ho mai conosciuto uno pastore e l’altro contadino si rigiravano nella tomba), abbiamo così scoperto che l’oglietto è una graminacea ottima per il pascolo e per fare il fieno. Quando il pascolo è esaurito per farlo ricrescere viene riseminato con sementi certificate bio o da seme bio aziendale e non vi si conducono le pecore per un po’ di tempo. Orzo e favino aziendale sono conservati in silos vicini alle stalle, tra i due recinti nella stalla è stipato il fieno che in questa stagione è quasi finito. Tutto ciò che non è prodotto in azienda per alimentare il gregge o che durante l’inverno finisce o non è in quantitativo sufficiente (ho scritto in geroglifico ma mi sembra di decifrare 100gr di orzo, 100 di favino e 150 di fieno per animale al giorno) viene acquistato con certificazione biologica.
Il gregge è curato solo con metodi omeopatici che per la produttrice funzionano molto meglio dell’antibiotico e non rovinano il latte permettendo la mungitura, come da disciplinare AIAB le bestie vengono sverminate in periodi non produttivi.
Nella prima area recintata all’aperto ci sono le pecore gravide o/e che stanno per partorire vengono tenute in osservazione perché se non figliano, per il primo anno vengono “perdonate” ma se per due anni consecutivi non restano incinte, sintomo di problemi di sviluppo o di crescita stentata, sono come dice Sandra destinate ad un buon umido.
Come gli esseri umani ci sono pecore che curano, sostentano e puliscono il proprio agnellino altre invece se ne disinteressano, quest’ultimo non è un agnello da allevare perché non avendo sperimentato l’amore materno non sarà a sua volta in grado di allevare con cura i propri figli . La pecora più produttiva nasce in inverno perché con la vita al coperto insieme la madre in stalla che la segue è più facile che si formi bene e si sviluppi in modo ottimale, ciò la rende anche più fertile e predisposta a gravidanze gemellari. La vita media in azienda delle pecore diciamo “produttive” è di 5-6 anni, gli agnelli maschi sono destinati alla vendita ma è un prodotto stagionale, il picco delle vendite per gli agnelli è il periodo di Natale e a Pasqua e la loro vendita non è particolarmente remunerativa. Sandra ci dice che recentemente controllando i registri ha notato come nel 1980 gli agnelli valevano 7.500-8.000 £ attualmente il loro prezzo è di 2,5 E. Anche la lana non è molto remunerativa infatti non essendo pregiata vale all’incirca 1300 E, lo stipendio dei “tosini” è di 300-400 E eppure questa pratica è indispensabile perché la pecora appesantita dal vello diminuirebbe e poi cesserebbe la produzione di latte.
Nel secondo recinto ci sono le agnelle dello scorso anno che sono separate dal resto del gregge in quanto sono figlie dei montoni di proprietà dell’azienda e per evitare consanguineità e malformazioni genetiche saranno coperte da montoni appena acquistati. Quindi ogni anno e ½ è necessario procurasi dei montoni che inizialmente compravano nel senese ma la sempre più stretta consanguineità li ha spinti a prendere in Sardegna con certificazione sanitaria di assenza di malattia dalla lingua blu. Questa malattia originaria dall’Africa e che in Toscana non è quasi presente è molto diffusa in Basilicata ed è arrivata anche in Sardegna a causa della scarsità dei controlli. E’ portata da un parassita infestante che ne è il vettore e si annida nel territorio, le mucche diventano portatrici sane le pecore si ammalano e muoiono. Sono disponibili dei vaccini ma sono troppo aggressivi provocano sterilità o aborti ripetuti e nei montoni circa un anno di infertilità.
Al contrario di altri animali quando la pecora va in calore non si vede ma naturalmente il montone lo capisce e per due o tre giorni sceglie solo quella pecora e al massimo altre due anch’esse in calore da ciò si comprende che per coprire 50 pecore ci vogliono 3-4 mesi per questo si fanno nei recinti contemporaneamente più gruppi di circa 50 animali con 5 montoni. Tutto il gruppo procede così più velocemente e si ottimizza il lavoro, le pecore partoriscono all’incirca nello stesso periodo l’allevatore le può meglio seguire nel parto e in un’eventuale mastite, potendo inoltre disporre contemporaneamente di un centinaio di agnelli che si possono vendere tutti insieme e di un quantitativo di latte sufficiente per fare il formaggio. Lasciando fare secondo natura le pecore sono più ricettive da fine Giugno a Settembre e dopo cinque mesi di gestazione molti agnelli nascerebbero a Marzo quando l’erba è secca. La settimana dopo aver inserito il montone nel gruppo la dieta delle pecore è integrata di una dose supplementare di favino e granoturco per avere più parti gemellari.
Tornando indietro dai campi su richiesta di Giuseppe Sandra ci spiega la certificazione AIAB ci sono tre tipi di visita: controllo verbali, controllo degli animali e controllo sui prodotti spesso vengono effettuati prelievi. La parte più noiosa è il controllo dei verbali soprattutto per quello che riguarda l’alimentazione invernale del gregge. Viene controllato quanto mangime è stato autoprodotto e quanto acquistato con certificazione; i controlli sono molto approfonditi soprattutto per mais e soia per garantire che non siano OGM., Sandra dice che ci sarebbe modo per imbrogliare ma a lei non interessa perché vuole essere tranquilla.
L’azienda agricola ottiene contributi CE PAC(Politica Agricola unica) sia per l’agricoltura che per gli animali. Fino all’anno scorso questi contributi, il cui scopo è dare sostegno all’agricoltura venivano dati indiscriminatamente per ettaro seminato (circa 250€ ad ettaro), questo portava a sprechi e abusi ed inoltre diventava una rendita per le lobby di grossi soggetti o conto terzisti (Sandra ci spiega che nel Nord Italia buona parte del terreno agricolo è di proprietà di banche).
Attualmente si fa la media degli ultimi tre anni di produttività dell’azienda, controllando anche se la terra è ben lavorata e tenuta, se sono fatti i solchi acquaioli ed è obbligatoria la rotazione delle colture per non impoverire il terreno. Prima con il vecchio sistema l’azienda Bacciotti non riceveva molto perché nel totale del loro podere solo 20 ettari sono seminati ed il resto è pascolo. Anche per gli animali con il vecchio ordinamento la PAC dava contributi a capo, adesso si anche questo viene valutato sui tre anni, in questo modo si dà valore all’azienda e questi contributi vengono usati per migliorare la qualità produttiva, Sandra per esempio quest’anno li utilizzerà per il caseificio.
Il mercato agricolo locale senza questi contributi probabilmente non si sosterrebbe anche perché le aziende italiane devono mantenere notevoli standard di qualità che non sono richiesti a paesi concorrenti ad esempio Paesi dell’Est.
Ritorniamo tutti sull’aia, Sandra prende Francesco che nel frattempo si è svegliato e ci accompagna a visitare le stalle, poco sotto la casa colonica c’è il porcile con i maiali destinati all’autoconsumo, vediamo il fieno fresco a seccare, i silos di deposito delle granaglie autoprodotte, montagne di concio e la stalla con vari recinti che dividono gli animali. Infatti in uno ci sono i montoni, in uno una pecora da sola che è isolata perché ha la diarrea e non può mangiare erba fresca, e in un altro gli agnelli che sono in stalla perché devono stare al fresco dato che con il caldo non mangiano e mangiare e crescere è il loro obiettivo infatti ne vediamo qualcuno macchiato di verde. In un altro recinto ancora ci sono le pecore con gli agnellini più piccoli che per la loro prima settimana stanno più protetti in stalla, successivamente per circa un mese un mese e ½ gli agnelli stanno sempre sotto la madre che è munta solo al mattino e alla sera, quindi durante tutta la giornata l’agnello poppa liberamente dalla sua mamma, la notte per dar modo alla pecora di riposare e produrre più latte agli agnelli viene data una miscela di granturco, favino e poco fieno. Oltre alle pecore la stalla ospita anche dei vitelli di razza limousine, tanti nidi di rondine, uno stuolo di gattini rossi e tigrati e in una stanza legata ad una catena la Pippa cagnolina di Sandra che è legata perché se lei e Arturo (il pastore maremmano) stanno assieme ne combinano di tutti i colori e la loro birbonata preferita è spaventare le pecore, per questo quando uno è libero l’altro è legato e come nel film LadyHawk uno può girare di giorno e l’altra di notte!.
Dopo la stanza della Pippa c’è la sala della mungitura dove le pecore salgono su una specie di pedana in maniera che le poppe siano ad altezza comoda per la mungitrice meccanica, fino a fine Luglio sono munte 2 volte al giorno, poi fino a Settembre una sola volta e infine i due mesi di riposo, questi sono previsti dal disciplinare AIAB ma Sandra dice che anche prima facevano così perché è semplice buonsenso: la pecora fuori forma perché stanca non sarà produttiva l’anno successivo. Ogni pecora dà all’incirca un litro di latte al giorno che dalla mungitrice senza nessun contatto con l’aria arriva direttamente in un frigo di stoccaggio che lo conserva a 4° fino a quando viene portato al caseificio che si trova al piano terra della casa colonica. Qui si scalda il latte a 35° gradi in paioli di rame si mette il caglio ( stomaco di lattanti ruminanti) in passato lo producevano in azienda adesso lo acquistano (sempre certificato), un cucchiaio ogni 100 l di latte, al momento opportuno si rompe la cagliata e si versa nella vasca dove si mettono le forme. La vasca permette il recupero del siero che una volta scaldato a 80° coagula in ricotta. Il raveggiolo è un tipo particolare di formaggio fatto con la parte più grassa del latte, il pecorino prodotto è di due tipi fresco (a latte crudo) e cotto (una procedura diversa che si traduce in un esperienza gustativa notevole). Per quest’anno Sandra avendo molta vendita non è riuscita a stagionare il pecorino fresco, infatti è di 30-35 g.g circa, il tipo cotto c’è semistagionato circa 80g.g ed è rimasto ancora poco pecorino stagionato dell’anno scorso. Le forme di pecorino fresco sono circa un kg, quelle di pecorino di tipo cotto poco più di 2 kg.

Resoconto a cura di Alessia